Interviews with Creators in Italy,  Lingua Italiana,  May 2021

Intervista: Pamela Maddaleno di “Missive Selvatiche”

This interview appears in the May 2021 Issue of The Open Doors Review.

Alscolta l’intervista intera su Apple Podcasts o su opendoorsreview.com. Intervista e podcast realizzati da Lauren Mouat.


Introduzione

“Cosa succede quando un’opera d’arte viene trovata dove non dovrebbe essere … come una cassetta delle lettere?” Questa è solo una delle domande sollevate dai misteriosi pacchi che sono spuntati nelle cassette postali delle persone in tutta Italia. Da una manciata di artisti che cercano di combattere la depressione del lockdown, Missive Selvatiche è ora alla sua terza edizione che incorpora il lavoro di oltre 150 artisti in 1.500 pacchetti, sempre consegnati a perfetti sconosciuti.

Il progetto è nato come atto di “resistenza artistica” nel novembre 2020, quando i fondatori Pamela Maddaleno e Alessia Castellano stavano affrontando l’ennesimo blocco nazionale e si sentivano frustrati dal fatto che l’arte fosse messa da parte in un momento in cui sentivano che era più necessaria. Una dozzina di artisti hanno contribuito alla prima edizione, avvolgendo con cura tre opere d’arte originali in pacchi di carta marrone insieme al loro manifesto. La seconda edizione di marzo ha visto l’ingresso in squadra dell’artista Margherita Nuti e ora sono di nuovo cresciuti, aiutati da un collettivo fiorentino guidato da Michelle Davis e Giulia Iaquinta.

Pezzi di musica, schizzi, foto, poesie, illustrazioni – hanno chiamato queste missive “Selvatiche” in riferimento al fatto che gli artisti coinvolti erano liberi di creare come volevano. Senza sostenitori o finanziamenti, questo è un progetto interamente nato dagli artisti stessi che sperano che i loro “doni” d’arte ispirino la conversazione e la riflessione, ispirando gli altri a mettersi in gioco, a creare e a condividere, mostrandoci che anche a distanza, l’arte ci mantiene sempre*.

*Adattato dal articolo originale pubblicato in inglese da Lauren Mouat in The Florentine, May 2021

Ho parlato con Pamela Maddaleno di com’è stato creato il progetto di Missive Selvatiche e come si stia sviluppando. Abbiamo parlato della sua esperienza come artista, le opportunità create dal Self Publishing e la forza del “fare qualcosa” anziché ”rimanere fermi nell’incertezza. La seguente intervista è stata editata ed adattata per la rivista.

Intervista

Lauren: Congratulazioni per il successo di questo progetto! Sono stata attirata da “Missive Selvatiche” perché è nato contemporaneamente alla rivista letteraria Open Doors, ed è anche un metodo per unire le persone attraverso l’arte.

A che punto siete con la terza edizione? State ancora preparando qualche pacco o sono già tutti in viaggio?

Pamela: Allora, nella terza edizione ci sono 1.500 pacchi, quindi molti considerando che sono tutti fatti a mano. È un po’ più evoluta questa terza edizione, nel senso che abbiamo fatto delle cose che prima non avevamo mai osato fare. Per esempio, siamo andati a portare 25 “Missive Selvatiche” in una scuola elementare, perché siamo state contattate da una maestra di una classe di seconda elementare in cui c’era un bambino che aveva ricevuto nella propria cassetta della posta una “Missiva Selvatica” e si è presentato in classe con questo pacchettino. La maestra ci conosceva, ne ha parlato agli alunni e ci ha scritto dicendo che tutti i bambini sognavano di ricevere nella cassetta della posta una “Missiva Selvatica”. E quindi abbiamo fatto un’eccezione e siamo andate noi personalmente (tipo Babbo Natale) dai bambini e ci siamo rese conto che anche quella è un’operazione importante.

Anche i bambini sono rimasti molto colpiti. Abbiamo parlato con dei bambini di 7 anni, abbiamo visto che per loro l’arte è il pittore. Se tu chiedi a un bambino: “Che cos’è l’arte?” per loro, l’arte è la pittura. E invece dentro le nostre Missive si trovano molte altre cose – ovviamente forme un po’ più classiche come illustrazioni, fotografie – ma anche delle cose che nei pacchetti in genere non si trovano come musica, danza, teatro, cinema quindi poter spiegare anche questo ai bambini è stato bello.

Adesso probabilmente consegneremo i pacchetti a una biblioteca così, chi si siede a studiare, può trovare una Missiva sul proprio tavolo; quindi ci stiamo un po’ evolvendo anche nella distribuzione, senza mai abbandonare la cassetta della posta, che è proprio il nostro mezzo.

Lauren: Come vi è venuta in mente questa idea a te e Alessia? Che tipo di conversazione avete avuto, e nel film immaginario di questo momento, cosa posso vedere? 

Pamela: Vedi due persone, un po’ depresse all’epoca (adesso stiamo meglio perché fare delle cose fa sempre stare meglio), proprio all’indomani delle restrizioni che per la seconda volta hanno toccato l’arte, la cultura e lo spettacolo. Allora a fine ottobre, quando per la seconda volta sono stati chiusi i musei e non sapevamo assolutamente che cosa sarebbe successo, la prima cosa che ci siamo dette è stata: “Facciamo qualcosa per noi, per non fermarci e facciamo qualcosa anche per gli altri.”
Quando si fa cultura e arte, gli altri vengono identificati come “il pubblico” e anche questa categoria, gli spettatori e i fruitori dell’arte sono in grande sofferenza perché soprattutto nel momento in cui siamo tristi, preoccupati, angosciati nel non avere la possibilità di rielaborare questi sentimenti complessi attraverso un film, una mostra, uno spettacolo di danza o di teatro, rende (secondo noi) la situazione ancora più difficile.

Ed è per questo che dichiarare così velocemente l’arte tra le attività non essenziali è uno sbaglio da parte della politica. A quel punto ci siamo dette: “Facciamo qualcosa!” Quindi anche se ci avessero chiuso in casa, avremmo avuto tutti i giorni un tragitto autorizzato al nostro posto di lavoro o al supermercato e, in quel cammino lì, avremmo trovato delle cassette della posta e avremmo messo dentro le nostre cose.

Per noi l’idea fondamentale di “Missive Selvatiche” è quella di arrivare agli sconosciuti. Diciamo che ci siamo anche rese conto che l’arte e la cultura sono dei circoli un po’ chiusi, e quindi questa era l’occasione in cui volevamo fare un regalo anche a chi queste cose, forse, non le conosce. Questo è il momento giusto in cui magari ci si può interessare a una fotografia, a un’illustrazione, perché ricevere un regalo inaspettato a casa può provocare delle emozioni.

Lauren: Qualsiasi tipo di risposta, come con quel bambino che era stato colpito dal contenuto di arte del pacchetto, che poi ne ha parlato con la maestra e con tutta la classe e così tutti quei bambini ne stanno parlando con le loro famiglie.

Pamela: Esatto.

Lauren: In questo momento, possiamo trovare qualsiasi cosa online, ma troviamo solo le cose che cerchiamo. L’arte non cresce così. L’arte cresce da cose “a caso” che, messe insieme, creano una cosa nuova, bella, interessante – qualcosa oltre. Anche l’arte del progetto “Missive Selvatiche” sta andando in posti a caso, anche quello è un atto creativo oltre all’arte inviata nei pacchi.

Pamela: Certo. Per noi la questione degli sconosciuti è assolutamente essenziale. Poi sappiamo che c’è un grosso rischio – ovviamente di cui noi abbiamo discusso tanto, perché questa è un’iniziativa completamente autoprodotta e autofinanziata, quindi ci sono state molte discussioni sul fatto che vogliamo mettere (tra virgolette) “in pericolo” le nostre opere che saranno cestinate. Ma poi ci siamo dette: “Sì!” perché questo pericolo c’è sempre. Anche quando vai a vedere uno spettacolo puoi addormentarti. Quindi, non si può sempre piacere a tutti o arrivare alle persone che già ti conoscono e ti apprezzano, solo perché bisogna arrivare a tutti.

Questo ci ha spinto anche ad aumentare al massimo la qualità del pacchetto: cioè le cose che c’erano dentro dovevano essere belle, perché altrimenti si accomunavano un po’ a quello che si trova nelle cassette della posta. 

Lauren: Però è impossibile vedere questi pacchi così carini, fatti perfettamente e dire che non ci piacciono! 

Pamela: Allora ti dico una cosa. Nell’edizione scorsa, avevamo una signora che ci ha scritto che aveva ricevuto la “Missiva Selvatica” e che poi era andata nel cassonetto della carta del proprio quartiere e aveva trovato due “Missive Selvatiche” nel cassonetto. Però lei le ha prese, le ha recuperate e le redistribuite. 

Lauren: Bellissimo! Arte “salvata” più che “Selvatica”. Penso che se provochi una reazione negativa – per esempio se qualcuno riceve un pacco e dice: “Cos’è questo?” o “L’arte non è importante” – anche quello è una cosa interessante…

Per provocare una conversazione in questo momento in cui nessuno può incontrare gli altri… Ovviamente è meglio produrre una conversazione positiva, ma non si può avere il controllo su questo!

Pamela: Anche perché come dici tu, c’è proprio stata un’assenza di dibattito rispetto alla questione dell’arte e della cultura. Quando sono stati chiusi i luoghi dell’arte, non c’è stato nessun dibattito a livello politico. Si è chiuso e punto. E invece si potevano trovare tante forme alternative, come per esempio un drive-in, al posto delle sale cinematografiche. Mettere uno schermo in una piazza, in cui ognuno nella propria macchina va a vedere un film come si faceva negli anni ‘50! Tra l’altro non è un’innovazione. Anche la salute mentale e psicologica delle persone è stata presa poco in considerazione…

È per questo che noi volevamo essere creative e costruttive e dire: “Ci sono delle forme alternative per continuare a fare arte”.

Lauren: Tocca sempre all’artista pensare come sviluppare l’idea, perché è con l’artista che vivono la creatività e i nuovi modi di vedere il mondo.

Volevo chiederti se puoi parlarmi dalla tua arte personale, perché so che fai fotografia e video. 

Pamela: Io ho lavorato molto con il video. Sono una grande appassionata del cinema. Mi sono specializzata in montaggio, quindi ho lavorato molto come montatrice, e poi la mia passione per la musica mi ha portato anche a cominciare a filmare e a realizzare dei videoclip. Da undici anni vivo a Parigi, dove sono entrata in contatto con una serie di artisti che mi hanno molto ispirata, sia a livello visivo che a livello musicale. Quindi è da quando sono a Parigi dove sono entrata in contatto con una serie di artisti, che mi hanno molto ispirato sia al livello visivo che a livello musicale. A Parigi ho ripreso la fotografia analogica che sviluppo da sola. Poi questa passione / lavoro per la foto analogica mi ha portato ad interessarmi al Self Publishing.

Quindi con una mia collega francese, Léa Neuville, abbiamo messo su una piccola casa di edizione indipendente a Parigi che si chiama “Gazzarra” e che si occupa di Self Publishing.

Essenzialmente facciamo delle foto che si chiamano “Zine” perché si rifanno alle “Fanzine” degli anni ‘80, che erano delle pubblicazioni autoprodotte legate alla musica. I fan di gruppi musicali o di scene musicali creavano delle pubblicazioni riproducendole attraverso fotocopie e poi rilegandole in maniera molto spartana e distribuendole.

Noi abbiamo ripreso questa formula e con dei materiali poveri creiamo delle auto-pubblicazioni legate alla fotografia analogica, ma anche alla musica. Abbiamo seguito diversi gruppi francesi che si occupano di musica sperimentale. Il nostro lavoro fotografico, quello mio e di Léa, è un lavoro sull’intimità. Sono dei lavori fotografici che parlano di noi. Di cose anche molto intime. Delle relazioni tra le persone. Io ne ho pubblicate tre, di cui una era su una storia d’amore, un’altra era sulla mia esperienza della maternità (più elaborato nel podcast).

Credo che io e Alessia, nella creazione di “Missive Selvatiche”, abbiamo attinto alla nostra esperienza nel self publishing. Perché il self publishing è una grande scuola che ti permette di fare con delle cose povere delle cose belle. Siamo tutt’e due estete e quindi ci piacciono le cose belle, curate. Se si aggiunge il fatto che le nostre opere sono fatte a mano, e si possono trovare anche in una copisteria, attraverso molte prove, una scelta di carta giusta, una qualità ottima anche per stampare delle foto, tutto questo è entrato in “Missive Selvatiche”.

Margherita, per esempio, è una fotografa che fa parte di un collettivo di fotografi pratesi che si chiama “16”, quindi Margherita aveva già una grossa esperienza di lavoro in un collettivo. Tutte le nostre esperienze sono confluite in “Missive Selvatiche”. Non è un progetto improvvisato.

Lauren: Conoscendo le vostre storie, è chiaro che ovviamente “Missive Selvatiche” è cresciuto da tutte queste radici.

Pamela: Lo dico con una certa fierezza. Abbiamo 150 artisti all’interno che sono veramente tutti di grande livello e lo si può capire guardando il nostro Instagram. “Le ragazze di Firenze” hanno portato delle novità bellissime. Abbiamo l’esperienza alle spalle che abbiamo messo all’interno di questo progetto.

Lauren: La cosa bella che vedo è che anche con questa conversazione sul Self Publishing e i pacchetti d’arte messi nella posta, c’è un nuovo mondo che si sta aprendo in cui le persone possono comunicare direttamente l’uno con l’altro. Penso che è un futuro interessante in cui non devi trovare l’editore mondiale di turno per pubblicare. Puoi creare la tua arte, il tuo lavoro e la tua vita con le persone che sono simili a te, perché adesso abbiamo la possibilità di farlo.

Pamela: Certo! Allora il discorso sul Self-Publishing è un discorso anche complesso perché secondo me è un discorso legato (per lo meno per me e Léa è stato così) anche all’urgenza del lavoro creativo. Quando si fa fotografia o illustrazione, c’è tutta una parte del lavoro che quasi sempre fa l’artista, in cui bisogna andare a cercare i finanziamenti, andare a bussare alle porte, e tra il momento in cui tu finisci un lavoro e il momento in cui forse questo lavoro riuscirà ad essere distribuito, passa moltissimo tempo in cui hai sprecato energie a chiedere, a compilare bandi, a pagare per partecipare a dei concorsi fotografici. Il Self Publishing ti permette di pubblicare quando vuoi. Quindi gestisci l’urgenza di dire qualcosa e la puoi dire quando vuoi.

Il mio ultimo lavoro è stato un lavoro sulla maternità, e su come la maternità e l’uso del mezzo fotografico può cambiare anche il punto di vista di un fotografo. Era un lavoro che o lo pubblicavo in quel momento oppure mai più. Per me adesso (è passato già un anno dalla pubblicazione) è già una cosa distante. Quindi fa parte di me, ovviamente, ma forse adesso non avrei l’energia che ho avuto un anno e mezzo fa per cercare di realizzarlo.

Questa però è una questione personale: ovviamente noi ci siamo interrogate molto sul gratuito, sul fatto che stavamo facendo qualcosa di gratuito, perché c’è un grosso dibattito sulla gratuità dell’arte, sul fatto che gli artisti che lavorano nello spettacolo non vengono pagati, che non percepiscono l’indennità di disoccupazione, oppure spesso non sono considerati neanche dei veri lavori ma delle passioni.

Quindi noi non volevamo far passare il messaggio che l’arte deve essere distribuita gratuitamente, ma che siamo in un momento di cambiamento, e questo periodo non si può ignorare così; è un periodo in cui stiamo cambiando, è un periodo in cui dopo essere stati fermi un anno ci siamo resi conto che le cose che noi facciamo comunque partono anche da un’altra esigenza che non è quella di portare lo stipendio a casa. È anche un’esigenza più interiore. E quindi, senza niente togliere ai lavori che portano uno stipendio a casa, fare questa cosa ci fa stare meglio, è stato un modo per noi di non smettere di fare, non ingrigirci e quindi cominciare a lamentarci e criticare o magari diventare negazionisti e essere arrabbiati costantemente.

Devo dire che tutte le persone che hanno partecipato a questa iniziativa si sono sentite di fare una cosa utile e anche un’occasione per partecipare a questo momento storico. Penso che ci sia stato un momento, forse ci sarà ancora, in cui l’arte è stata anche un grosso business, quindi se avevi carattere per entrare dentro quel business c’entravi, altrimenti restavi fuori ai margini. Ecco, chi sta ai margini secondo me ha lo stesso diritto di esistere come chi sta nelle grandi gallerie d’arte contemporanea. Il collettivo poi è qualcosa che dà grande forza, anche perché essere sempre soli a promuoversi è difficile, cioè non tutti hanno il carattere di autopromuoversi. Anche il collettivo è un mezzo di promozione.

Lauren: Qual è il futuro di questo progetto? Ci sarà una quarta edizione di “Missive Selvatiche”?

Pamela: Il progetto è molto legato al periodo storico, quindi noi abbiamo sempre dichiarato fino a che ci sono le restrizioni noi continuiamo. Quindi in futuro non so dirti se ci sarà una quarta edizione. Se continueranno le chiusure noi continueremo con una quarta edizione, questo è sicuro, quindi forse continueremo anche a vita! Queste varianti potrebbero farci andare avanti per anni.

Quello che posso dire di sicuro è che questo progetto ci ha permesso anche di instaurare molte relazioni con altri artisti e con i Festival che ci hanno contattato, quindi sono sicura che questo progetto non finisce qua.

Lauren: Grazie mille Pamela per il tuo tempo. Questo progetto mi ha colpito tanto, è una voce di speranza lanciata nel vuoto di questo momento, quindi congratulazioni di nuovo a tutti voi per aver creato “Missive Selvatiche” e dato ispirazione a tante persone. 

Pamela: Grazie, anche di farci parlare, perché ovviamente il nostro obiettivo è quello di far passare il messaggio che l’arte è un’attività essenziale. L’arte, la cultura, lo spettacolo non sono solo intrattenimento, ma un’attività essenziale come il supermercato, sono assolutamente convinta di questo. Siamo fatti di corpo e di spirito quindi non possiamo nutrire lo spirito con le serie televisive. Dobbiamo anche avere altro; trovarci in luoghi pubblici tra di noi per vivere delle esperienze insieme perché poi il cinema, il teatro, i concerti sono anche questo – sono anche eventi vissuti insieme agli altri, dove gli altri sono importanti. 

Ci sono progetti di creare un’edizione in lingua cinese a Prato dove c’è un grande comunità cinese. C’è anche un progetto in Francia di creare “Missive sauvages”. Pensavo perché il/la Sig./Sig.ra Maddaleno(è un uomo o una donna?) ha vissuto a Parigi per tanti anni ma quando gliel’ho chiesto, lui/lei ha risposto che era una fotgrafa di Lyon che non conosceva ma, sentendo dell’idea ha contattato la “squadra” per creare una cooperazione. Per me, la cosa è chiara: le creazioni e la creatività crescono sempre di più.

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